Il castello di Fosdinovo, eretto per controllare un’importante via di comunicazione fra la costa e l’interno, appartenne in origine ai nobili d’Erberia, un’antica famiglia proveniente da Viano, borgo della Val di Bardine. Nel 1340 fu acquistato da Spinetta Malaspina, che lo fece ampliare e potenziare con nuove fortificazioni, creando un maniero spettacolare. Oggi appare come una severa fortezza trecentesca, ingentilita da da successivi elementi architettonici come portici, cortili e loggette. L’interno del castello, con le sue grandi ed eleganti sale, cela segreti e leggende di ogni sorta.

Vi è ad esempio la presunta camera di Dante dove avverrebbero strani fenomeni, o la “sala della cerva” così chiamata perchèl’animale raffigurato sul soffitto, mostrerebbe all’osservatore, sempre e comunque, il proprio posteriore. Questa singolarità sarebbe opera di un pittore desideroso di vendicarsi dei proprietari che volevano sopprimerlo, ritendendolo uno scomodo testimone. In realtà la maggior parte degli affreschi fu eseguita, nel 1882, dall’artista fiorentino Gaetano Bianchi, che imitò la pittura del ‘400.

Nella sala da pranzo si trova poi un grande camino in poetra serena, la cui cann afumaria riscalda anche la stanza superiore. Si dice che funzionasse da amplificatore, come “l’orecchio di Dionisio” a Siracusa, e che i castellani fossero così in gradodi ascoltare le conversazioni che avvenivano al piano di sotto.

Un’altra sorpresa è riservata da una camera da letto dove il talamo sarebbe percorso da fredda energia negativa ultraterrena e, appoggiando un orecchio ad una delle quattro melagrane che lo ornano, si udirebbe il battito di un cuore. Inoltre, le foto scattate nella stanza risulterebbero mosse e buie. Tutto questo avverrebbe perchè nella camera morì un marchese, avvelenato dai suoi figli, desiderosi di ereditare titolo e proprietà. Egli, a sua volta, era colpevole della dipartita della figlia Maria Bianca Aloisa. Quest’ultima si era innamorata di uno stalliere, al che il padre irato, la fece rinchiudere in una cella senza finestre ove ben presto morì. Una variante più complessa narra che la giovane fu imprigionata insieme ad un cane , simbolo di fedeltà verso l’amato; un’altra narra che la giovane fu fatta murare viva con un cinghiale, simbolo di ribellione, proprio all’interno delle mura del castello. Dietro questa storia si nasconde forse un fondamento di verità, suffragato dal ritrovamento di alcune ossa appartenute ad una donna.

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