A Fivizzano si erge il colle della Verrucola, bagnato dal torrente Mommio e dal canale Collegnago.
L’altura domina quella che nel Medioevo era un’importante via di comunicazione che conduceva al passo dell’Ospedalaccio. Pertanto la famiglia dei Bosi, fin dal 1044, vi eresse una casa torre, ancora individuabile nella tipologia del mastio. Nel 1300 il fortilizio passò a Spinetta Malaspina ma nel 1312 fu assalito dalle truppe di Castruccio Castracani che, dopo 14 giorni d’assedio, riuscirono a conquistarlo.
Nel 1328 Spinetta riuscì a riaverlo, grazie anche all’intervento di Ludovico il Bavaro. Il castello fu allora ricostruito ed acquisì la forma attuale, con il maschio isolato, le torri secondarie e l’alta cortina.
Nel 1418 vi accadde un grave fatto di sangue. Era allora signore della fortezza Niccolò Malaspina, odiato da Giovanni Maraccio, figlio bastardo di suo fratello Azzolino. Questo giovane, violento e ambizioso, già due anni prima aveva cercato di organizzare un complotto per eliminare zio e cugini ed impossessarsi del feudo, ma il piano era fallito. Era partito allora come soldato di ventura, ma senza rinunciare al delittuoso progetto. Infatti, due anni più tardi ritornò in Lunigiana e strinse un patto scellerato con Leonardo e Galeotto Malaspina, signori del castello dell’Aquila di Gragnola.
I tre assoldarono la peggior gente che vi fosse, l’armarono ed una notte di giugno partirono per l’impresa. Giunsero all’alba alla Verrucola, uccisero una sentinella e penetrarono nel maniero, dove assassinarono il marchese Bartolomeo Malaspina e sua moglie Margherita Anguissola, che era gravida. Alle grida accorsero servi e figli, ma tutti furono scannati senza pietà. La stessa fine fece il vecchio marchese Niccolò che aveva quasi 80 anni. Solo una delle figlie, Giannina ed il piccolo Spinetta furono salvati. Per attendere “alla ruina et exterminio” di Leonardo fu inviata una spedizione di circa 1.200 uomini, capitanata da Felice Brancacci, che in breve ristabilì la giustizia.