Alla confluenza del torrente Bagnone col Magra, sorse nel XII secolo il castello di Villafranca che controllava un importante guado posto sulla Francigena. Appartenne a Corrado Malaspina, ricordato da Dante nell’VIII canto del Purgatorio con queste parole: “Fui chiamato Currado Malaspina; / non son l’antico, ma di lui discesi: /a’ miei portai l’amor che qui raffina”.
Il castello, chiamato anche Malnido, ebbe una storia complessa e ricca di avvenimenti di ogni genere. Nel 1266, quando vi fu lo smembramento del feudo di Mulazzo, Villafranca divenne la sede di un nuovo marchesato che comprendeva Tresana, Castevoli e Lusuolo. Occupato nel 1416 dai Campofregoso di Genova, ritornò presto ai Malaspina ai quali Massimiliano II concesse facoltà di batter moneta. A Villafranca furono così coniate la “doppia” e lo “scudo” d’oro, il “mezzo ducatone” e il “quarto di ducatone” d’argento. Nel 1626, la direzione della zecca fu assunta dal genovese Giovan Agostino Rivarola che intraprese la lucrosa attività di falsario. Per ritorsione il Pontefice Clemente VIII fece sequestrare il castello che fu restituito a Francesco Malaspina solo grazie all’intervento dell’Imperatore d’Austria.
La fortezza, a pianta quadrata, è ridotta allo stato di rudere a causa dei pesanti bombardamenti che subì durante il Secondo conflitto Mondiale e del terremoto del 1920. Sono, comunque, sempre apprezzabili le mura e le torri.
Su Villafranca vi è una bella storia che narra di numerosi lingotti d’oro seppelliti in uno dei due passaggi segreti del castello. Della loro ubicazione era a conoscenza un uomo che disegnò una mappa del tesoro, finita poi nelle mani di un sacerdote che provvide ad occultarla nella costola di un messale. Invano alcuni banditi usarono ogni mezzo per impossessarsi del prezioso foglio: il segreto fu mantenuto fino a quando il prete, in punto di morte, lo rivelò ad un nipote. Questi cercò subito d’impadronirsi dell’oro , però mentre si calava in un pozzo, una pietra precipitata accidentalmente lo uccise. Altri hanno, in seguito, cercato il messale dall’inestimabile costola ma, fino ad oggi, ogni tentativo è risultato inutile.
Accanto all’antica torre del castello di Malgrate, sorge un enorme e vecchissimo ippocastano che, secondo una leggenda, vide la luce del sole quando fu costruita la rocca. La tradizione dice che i frutti di quest’albero secolare hanno la caratteristica di proteggere dal malocchio e da ogni sorta di malattia.